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“Entusiasmo per cosa”

 

Premessa :

stiamo vivendo il tempo di un cambiamento epocale,la sociologa Saskia Sassen dice che “stiamo assistendo ad un imponente  spostamento della ricchezza da una parte della società verso un’altra , e questo coinvolge le risorse finanziarie dello stato ,del piccolo risparmio,delle piccole attività imprenditoriali,……..la Citibank è stata salvata dal fallimento dal governo USA con 7 miliardi di dollari,soldi provenienti dal prelievo fiscale ,cioè soldi della workingclass e del ceto medio,…..c’è una progressiva  concentrazione della ricchezza  da parte di una minoranza  già  ricchissima e  il risultato  è l’impoverimento di buona parte della popolazione che vede tagliati i servizi e  le pensioni”….e abbassarsi pesantemente la remunerazione del lavoro e  le  occasioni di lavoro. Saskia Sassen sostiene che “qualcosa di simile  avvenne nel passaggio dal Medioevo alla modernità,quando si formarono gli stati nazionali,”fu quello un'altro grande mutamento epocale “………… nel tempo di questo cambiamento epocale , mai come oggi  il mondo è stato un gigantesco ammasso di merci, sempre più si diffonde la convinzione che il degrado ambientale se non cambieremo radicalmente il consumo di risorse per produrre nuove merci, porterà presto il nostro pianeta al collasso. A quali merci col nostro disegno dovremo dare bellezza e procurare consenso,se ci sembra inumana questa espropriazione di ricchezza e ci sembra  atto suicida e immorale verso le nuove generazioni o,per lo meno,per quanto si possa esser cinici, poco entusiasmante continuare a collaborare a quell’incremento di produzione di merci,di lusso o di massa,  che distrugge il pianeta su cui viviamo e vivranno? E’ troppo difficile e frustante progettare senza entusiasmo e a me sembra che il “progetto”,in un ‘epoca di cambiamenti epocali sia un “fare” entusiasmante perché dà  per lo meno  la grande speranza  che un mondo migliore sia progettabile e realizzabile…………Nelle molte negatività del presente impariamo a vedere i segni innovativi,i tentativi seppur minoritari  anche negli ambiti della nostra disciplina ,che ci facciano intravedere la direzione di questo cambiamento. Segni che gia esistono vitali ,accettiamoli anche e proprio perché ci impongono la rimessa in discussione dei nostri saperi e delle nostre discipline del progetto e ci fanno intravedere futuro…………Al cambiamento più o meno epocale si può sempre reagire con la speranza  e la pigra attesa  che presto tutto ritornerà come prima, a me sembra molto più entusiasmante  cercare di prendere in corsa il treno dei molti cambiamenti auspicabili. Ho messo insieme materiali appunti ,annotazioni ancora grezze  e su cui molto ancora occorre studiare approfondire e meglio capire ,  ci sono molte domande a cui mi piacerebbe dare non una risposta individuale ma il più possibile condivisa, propongo il tutto,domande comprese, su una nuova rivista di design come testi da discutere, soprattutto con i giovani lettori perché anche se si lamentano giustamente che non hanno futuro,un loro futuro devono impegnarsi a cercarlo. Non dimentico che questa rivista è promossa da una scuola di design  ,spero che questi giovani col loro vissuto, col loro bisogno di apprendere rispondano in questa stessa rivista,  alle mie molte provocazioni e domande  e mi aiutino così a rendere meno grezzi, più vicini alla loro realtà ,  questi miei materiali sul progetto della merce.

RECESSION DESIGN, una innovazione possibile

A pagina 140 del numero di Giugno del 2009 di “Ottagono” rivista italiana di  architettura e design si legge”Il kit fai da te antidoto alla crisi: Lo studio Pop Solid di Milano ha riunito un collettivo di giovani  designer italiani e stranieri,(etá media 35 anni,mia nota) per dare vita al progetto.  “Recession Design”, una collezione di oggetti e arredi  essenziali  creati con materiali di uso comune e di facile reperibilità, provocanti e divertenti come fossero giochi”.  Nel dicembre  del 2009 il Museo per le arti applicate MAK di Vienna  invita il gruppo milanese a illustrare il progetto al pubblico attraverso una “live performance” che si tiene durante la “design week “  cittadina. Per  l’evento Recession Design  distribuisce ai visitatori dei kit contenenti  materiali e semilavorati che dovranno essere utilizzati per costruire degli oggetti,naturalmente con l’assistenza dei progettisti . Al termine  della performance,il visitatore,con un contributo simbolico lasciato al museo, potrà portarsi a casa il suo  oggetto finito e autocostruito.Il pubblico intervenuto durante la serata ha accolto l’iniziativa  con grande entusiasmo  assemblando  vari oggetti,aggiungendo in alcuni casi,anche piccole migliorie o personalizzazioni,  a dimostrazione  che il coinvolgimento nella progettazione può essere interessante,divertente e a volte un vero e proprio  stimolo per nuove attività creative”( Nota da Recession Design “Design fai da te” ed.Rizzoli .2011) Al Salone del Mobile di  Milano   del 2010, alla Fabbrica del  vapore,ex fabbrica dismessa di proprietà del comune ,spazio espositivo dedicato alla promozione  della creatività giovanile, Recession Design   espone una nuova collezione di oggetti questa volta realizzati con la dichiarata sponsorizzazione della BricoCenter società di Bricolage con 100 negozi  in Italia. La Brico Center  mette a disposizione di Recession design, le macchine elettriche ,trapani seghe levigatrici ecc che vende per il “Fai da te” e i semilavorati sempre da lei commercializzati per  la realizzazione dei prodotti presentati . Incoraggiati  dal successo  di  critica e  di  visitatori Recession Design propone alla Brico Center  di organizzare dei laboratori del” fai da te” nei loro negozi dove i giovani progettisti , pagati dalla azienda,  offrono ai clienti , gratuitamente, una consulenza alla progettazione dei loro progetti promovendo  ovviamente la migliore utilizzazione dei semilavorati Brico Center ma nello stesso tempo rilevando le esigenze reali del cliente di questa società di distribuzione. Si prevede inoltre che i laboratori ,attraverso un portale mettano   a disposizioni soluzioni suggerite,complete di schemi di montaggio, che utilizzano  sempre macchine utensili,semilavorati disponibili nei Bricocenter ma nello stesso tempo fanno la consulenza a progetti dei clienti e complessivamente  promuovono    una diffusione dell’autocostruzione degli arredi della propria casa.

Cosa cambia:

 1)        Il  progettista  non è più autore ,ma un tecnico al servizio di una creatività diffusa  che lui stesso promuove e dovrebbe essere in grado di aggiornare ed evolvere informando stimolando continuamente l’utente sulle istanze più aggiornate della disciplina del design. Quella massificazione dell’estetico attraverso la merce che era stato obbiettivo fondamentale e socialmente legittimante del design moderno,di quel design nato intorno alla catena di montaggio e alla grande serie  non si realizza più attraverso l’imposizione di un prodotto firmato  ma attraverso una acculturazione del consumatore visto come soggetto creativo capace di una sua per quanto assistita autonomia progettuale. La merce progetto diventa  cosi servizio,serve ad ogni utente a costruirsi il suo pezzo unico(Nota Sulla trasformazione delle merci in servizio,di cui gli esempi più interessanti oggi sono il car sharing e il Bici sharing  fondamentale è stato ormai da trent’anni il contributo di Ezio Manzini,) 2)        L’azienda non vende più solo un prodotto ma anche un servizio progettuale , sostituisce al indagine di mercato e al marketing   tramite i designer dei laboratori la rilevazione puntuale dei desiderata del cliente,crea una solidarietà attiva industria- utente che ha nel progettista la sua interfaccia ideale.

3)      Alla produzione di serie del prodotto si sostituisce la produzione di serie del componente ,del semilavorato necessariamente sempre più flessibile e utilizzabile per diverse applicazioni. Si riducono enormemente tutti i costi per produzione e promozione di un singolo prodotto finito,imballaggio, trasporto, pubblicità, e tutti i rischi e spreco di risorse  pesantissime nei prodotti finiti invenduti .Si riducono quindi  enormemente tutte le risorse impiegate,il  prodotto si territorializza, cioè si produce sempre di più in prossimità dove si consuma e si abbassa il   conseguente inquinamento dovuto alla minor quantità di risorse impiegate e alla eliminazione del  trasporto di prodotti finiti. Se una parte significativa del lavoro viene delegata al consumatore questi coltiva sempre più la sua vocazione al “fai da te “ che lo porta a  recuperare,con la riscoperta della manualità,  la cultura della manutenzione, rendendo  sempre più durature le merci che lui usa ,sia quelle costruite da lui che quelle acquistate. L’”usa e getta”, si deve ora misurare con un qualcosa”che ho fatto io” La mistica del sempre nuovo,la vocazione a compiacersi e subire la induzione   alla obsolescenza rapida del prodotto  viene ostacolata e boicottata dal rapporto affettivo,e possessivo dell’oggetto che”mi sono costruito io” Gli  scarti  diventano uno spreco nella cultura di questo consumatore che tende sempre più a riusare tutto e  l’invenduto si riduce enormemente,anche  perché il  semilavorato che non ha successo  comporta un ben diverso e più ridotto spreco di risorse impiegate  rispetto ad  un prodotto finito invenduto; e inoltre sarà lo stesso design del laboratorio a inventare e suggerire nuove applicazioni che gli ridiano consenso.  E chiaro infine  che un magazzino di semilavorati ha un costo di trasporto e d spazio  infinitamente minore di un magazzino di prodotti finiti. Lo sa bene IKEA che però trasporta e  immagazzina prodotti finiti smontati  ,ma   è molto superiore il risparmio di trasporto e spazio se si passa al  magazzino di semilavorati. Questi diversi e salutari risparmi sommati ad un riterritorializzazzione del prodotto che fa si che si realizza in casa usando materiali acquistati nel più vicino bricocenter ,sommati ancora al costo del progetto e costruzione delegata all’utente fa si che questi prodotti possano avere costi ancora inferiori ad IKEA,sono però tutti diversi ,sono i miei prodotti,hanno un livello di identificazione con l’utente progettista  e costruttore  la cui vita verrà da lui strenuamente difesa.  I  prodotti autocostruiti rischiano  in definitiva di avere prezzi concorrenziali al prodotto IKEA,e hanno in più il fascino della personalizzazione e della non standardizzazione che invece la casa  IKEA tende ad imporre al mondo intero.

4)  Si valorizza  e diffonde  la figura  di un  utente progettista e autocostruttore e quindi consumatore autonomo e critico,che al prodotto firmato tende a sostituire la sua capacità di inventare e non subire   i prodotto,avvicinandoci a quell’”uomo artigiano” proposto da Richard Sennet  (Nota Richard Sennet “l’uomo artigiano” ed. Feltrinelli  .2008)Su questo libro  e su questa proposta di Richard Sennet c’è nel mondo del design italiano un  grande interesse,demolisce tra l’altro il mito un tempo tutto positivo di quella  società industriale,s cui è costruita tutta la cultura del design, che nella crisi  oggi del valore del lavoro ,nel degrado ambientale ,nel recupero dei, valori della diversità ,contro ogni omologazione , nel rifiuto dell’ omologazione planetaria dei consumi,che l’ international design ha promosso e la globalizzazione ha realizzato,  misura molte delle ragioni della sua grande crisi.

5)   Questo nuovo consumatore autocostruttore  svolge un ruolo attivo nella definizione del concetto di merce .L’utente non attende più il prodotto,non vive nell’attesa di  novità ,si progetta e costruisce  il prodotto di cui ha bisogno . Da una produzione concentra nella azienda passiamo ad una produzione diffusa , voluta , nelle case degli utenti. Cambia  di conseguenza la casa dell’”uomo artigiano” che avrà sempre più un laboratorio o potrà contare su un laboratorio di condominio o anche di quartiere che potrà sempre appoggiarsi al laboratorio Brico Center  per la consulenza nella progettazione e realizzazione del progetto e diventa il nodo di una possibile rete di strutture distributive  di prodotti per bricolage attrezzate col laboratorio che lentamente ridefinisce anche la struttura distributiva quale  struttura di promozione dell’autonomia relativa del consumatore

E’ sempre esistito il Bricolage,va comunque tenuto presente che in questi ultimi anni ha avuto una forte diffusione. Recession design  lo propone all’interno della produzione di elementi  e complementi di arredo quale occasione di ulteriore diffusione di questa attitudine al fare. Di fronte al ridotto potere di acquisto di una utenza sempre più vasta,alla diffusione di una condizione di precariato e di  forzato tempo libero dovuto alla crescita della disoccupazione, e della cassa integrazione,questa figura di autoproduttore, potrebbe estendersi alla progettazione e costruzione di prodotti ottenuti dall’assemblaggio di altri semilavorati. Nel vestiario,negli elettrodomestici, nei computer esistono da tempo laboratori artigiani che vendono su commissione computer assemblati secondo le esigenze dell’utente,nasce cosi  sia una nuova figura di  consumatore progettista  e coproduttore  che di   designer al servizio di una progettualità diffusa. E’ possibile intravedere una vocazione associativa, già tentata in Recession design che secondo alcuni si doveva trasformare in associazione e gestire collettivamente il grande successo ottenuto? Mettendo insieme  queste due nuove figure di consumatore-produttore- progettista  e designer costruttore credo valga la pena di ritentare e promuovere ,gruppi di consumatori che si associano e progettano e coprogettano con altri utenti e gruppi di designer  che anch’essi diventano progettisti produttori,gruppi misti che fondono le diverse competenze in una struttura produttiva  che è una nuova  idea di azienda. Qualcosa di simile seppur parzialmente si è già realizzato nei G.A.S.(Nota:mettere la sigla corrispondente in Portogallo) gruppi di acquisto solidali  formati da contadini produttori e da  consumatori che instaurano varie forme di collaborazione e solidarietà diretta che in alcuni casi è arrivata ad una nuova associazione tra produttori e consumatori per i prodotti alimentari.( si veda l’esperienza di www.agricolutanova.it  in prossimità di Roma)  Nessuno si illude almeno per ora che una diffusione dell’auto produzione sia una alternativa  all’attuale produzione di merci ,ma può essere una modalità di produrre merci che si affianca  alla tradizionale produzione di merci  e la condiziona, e fatto non secondario come per i G.A.S,elimina il filtro e i costi della grande distribuzione Forse non è secondario segnalare che nel catalogo della mostra “The New Italian Design “ fatta dalla Triennale di Milano(Nota catalogo Edito da La Triennale di Milano Design Museum) e curata da Andrea Branzi  a Istanbul, una forte percentuale dei prodotti selezionati sono o prototipi che attendono un produttore ,o autoproduzioni  dei giovani designer e tra queste anche una pattumiera domestica per la raccolta differenziata  progettata e autocostruita da Carmine Deganello nel progetto Recession Design  Possiamo prefigurare una nuova  strategia di progetto di giovani Designer senza più azienda  che autocostruiscono, producono in piccola serie  e commercializzano i loro progetti, magari insieme ad autocostruttori non professionali e progettisti autocostruttori autodidatti che vendono direttamente, nei loro laboratori –negozi-gallerie cioè senza la grande  distribuzione,  tutta la ricchezza articolata del loro operare? Potrebbe essere questa  una interessante risposta alla crisi e alle difficilissime prospettive di lavoro di una intera generazione di designer.

 I Laboratori Brico center almeno per ora non sono stati realizzati. Una  lunga trattativa tra  i dirigenti e alcuni giovani di Recession design non ha  almeno per ora prodotto  l’accordo sperato .Quella che poteva essere una eccezionale e radicale innovazione nella triangolazione, azienda design utente si  è dissolta  nel tradizionale ,inerziale rapporto di una innovazione che entusiasma i mas media che a lungo commentano l’iniziativa ,ma resta una testimonianza una proposta che non si realizza,che  non incide nella ridefinizione del ruolo del design . Recession Design pubblica nel Febbraio del 2011 quel libro- manuale che doveva nascere nei “laboratori Brico Center ” dal titolo “Design fai date” con la Rizzoli ,una delle più prestigiose case editrici italiane, con una prefazione di Enzo Mari. Il sottotitolo del libro è” idee contro la crisi”, il grande entusiasmo di un gruppo di giovani,che  hanno lavorato per tre anni ad un progetto senza compensi,investendo tempo e denaro di tasca propria, a parte un pò di macchinari e semilavorati BricoCenter ,viene per l’ennesima volta frustrata ,nonostante l’entusiasmo della critica,dalla indisponibilità aziendale.……… Alcuni del gruppo di Recession Design ,come avevo già accennato, volevano trasformare il gruppo in una libera associazione che collegialmente gestiva tutto il progetto. Purtroppo oltre al  venir  meno dell’occasione dei Laboratori BricoCenter   si è dissolta  nella competitività e nelle rivalità la possibilità dell’associazione,ma questo resta comunque complessivamente un progetto di grande interesse magari realizzabile in altri contesti, dove la scuola potrebbe  svolgere sia un ruolo promozionale,(mettere a disposizione i suoi laboratori, ) ma soprattutto recuperare nella sua didattica l’attitudine  del designer ad autocostruire e gestire  in associazione  il proprio progetto……. ma non c’è spazio per i giovani dentro la crisi?......l’innovazione è destinata ad essere minoritaria,utopia ingenua ,entusiasmo sempre frustrato ,…..dentro la crisi,….o è possibile pensare,”progettare”  un progetto di design che accompagni la nostra disciplina oltre la crisi? …….ma quale “ speranza  progettuale” richiamando un libro fondamentale di Maldonado del 1970 che poneva già allora  ai progettisti il grande tema del  degrado ambientale e delle responsabilità dl progetto , è oggi coltivabile ,soprattutto quale innovazione che rilanci questo mestiere in profonda crisi  e´ oggi realizzabile ? In una progressiva drammatizzazione della crisi,economica culturale ,morale ambientale che con diverse intensità attanaglia tutto il pianeta, quale  speranza sussiste di poter incidere sui comunque  inevitabili radicali cambiamenti  imposti da questa  crisi  epocale che possano andar oltre una semplice testimonianza di quello che il design avrebbe potuto essere?

PROGETTARE A  PARTIRE  DAI  RIFIUTI

L a tesi di laurea di due  miei studenti ,Camilla Piccinini e Alessandro Russo del corso opzionale di biodesign da me tenuto all’ISIA di Firenze (anno accademico 2009/10)  prevede un laboratorio nelle cosi dette isole ecologiche ,cioè nei piazzali attrezzati per la raccolta dei rifiuti urbani, dedito al recupero e riuso di arredi o altri prodotti  di uso  domestici di cui l’utente e´intenzionato a disfarsi .I prodotti domestici ingombranti  vengono all’interno della raccolta differenziata  ritirati da un camion comunale che prenotato telefonicamente porta nelle isole ecologiche , questi rifiuti  quali letti ,elettrodomestici comodini,librerie ,poltrone,tavoli  ed ogni altro elemento di arredo .L’autista del camion quando ritira lo scarto ingombrante comunica al proprietario l’eventuale possibile gratuita utilizzazione di un laboratorio dell’isola ecologica che studia la possibile  eventuale  riqualificazione e riuso del l´ elemento d ` arredo  di  cui  intende  disfarsi .I progettisti  di questi recuperi sono designer  che nel laboratorio,stipendiati dal comune studiano verificano,propongono  ,in collaborazione  con il proprietario   il progetto del riuso .Se il proprietario non è interessato lo scarto quando merita viene lo stesso recuperato  e viene venduto  ad un prezzo politico,se il proprietario è interessato  certamente la progettazione ma se possibile anche la realizzazione viene fata in collaborazione o esclusivamente dal proprietario. Lentamente il laboratorio dovrebbe consolidare e diffondere nel cittadino di Capannori  una pratica del recupero e della  manutenzione assistita dai designer  degli elementi di arredo ritardando il più possibile  la  riduzione a scarto e la demolizione del prodotto.  Il vantaggio  per  l’amministrazione pubblica è ridurre la quantità di  rifiuti ingombranti  da smaltire con un notevole risparmio nei costi della gestione di questo tipo di rifiuti ,il vantaggio per l’utente è liberarsi della mistica del nuovo e acquisire che la manutenzione e l’aggiornamento del prodotto è un notevole risparmio ma anche una possibile personalizzazione dei propri arredi che li rendono duraturi ,esclusivi e sempre relativamente nuovi. La tesi ha avuto come correlatore Alessio Ciacci ,Assessore trentenne  all´ambiente  del  comune di  Capannori .Entro l’anno questo comune , tra i più  avanzati in Italia nell´ obbiettivo Ue del” rifiuto 0 entro il 2020”, in collaborazione con la Caritas inaugurerà un laboratorio in un isola ecologica per il recupero e riuso degli scarti ingombranti  coinvolgendo per ora a titolo gratuito la mia allieva Camilla Piccinini che ha accettato con entusiasmo questo nuovo incarico,sperando venga prima o poi retribuito. Non usiamo l’entusiasmo dei giovani impegnati e motivati per farli lavorare gratuitamente,e´ il sistema più crudele per distruggere il loro entusiasmo.

 

GLI SCARTI RIINVENTATI

NEL “Mestrado  em Design  de Interiores  di Maria Milano  in cui sono docente convidado, una studentessa…Francesca ……….. ha progettato un pavimento di un bagno  assemblando con grande attenzione progettuale, scarti di mattonelle in ceramica. La studentessa ha imparato a guardare lo scarto come un oggetto,certamente  condizionato dai segni dell’uso,ma comunque dotato di  disegno e colore proprio che il progettista doveva riuscire a  valorizzare e comporre per realizzare il disegno finale del pavimento. Un altro studente  Peter ……………ha costruito una spettacolare parete-archivio alta due piani utilizzando cassette in legno della frutta e verdura sostenute da una elementare struttura metallica. In tutte le grandi citta stanno sorgendo magazzini di elementi edilizi ricavati da demolizioni del gia costruito che tendono al recupero del componente edilizio vecchio,usato ma in buono stato,spesso con qualità di disegno ,ricchezza di  modanature ,decorazioni ,materiali , e finiture di grande fascino,anche perché ricchi di buona manualità, soprattutto se accostati ai prodotti moderni, tecnici ,freddi, lisci, e sempre più  anonimi , senza disegno perché prodotti del linguaggio della macchina. Che dei giovani progettisti dell’architettura degli interni entrino in questa  logica del recupero  estendendolo non solo al recupero del già costruito ma anche all’utilizzazione di componenti edilizi recuperati dalla demolizione,seppur in piccolo da la misura di questo cambiamento epocale. Siamo passati dalla mistica del nuovo  e del tecnologico, dalla cancellazione  con una mano di bianco di tutte le preesistenze nella convinzione dell’assoluta superiorità del moderno rispetto al nostro passato sinonimo di miseria e  arretratezza, alla riscoperta del fascino dell’edilizia dei centri storici, all’interesse per la modanatura, per il vecchio ,per l’usato,per   il materico naturale fino all’allergia alla plastica. Il materiale vero, per lo meno nei prodotti costosi, ha ripreso il sopravvento sui  laminati e i materiali finti , la decorazione è ritornata in auge , il colore è sempre più una scelta importante  al punto che gli eredi di Enry Ford e della sua Ford T sempre nera  son costretti a venderle   le auto con la cartella colori….e coi mille accessori personalizzanti.  Il problema non è recuperare e mettere insieme tutto,più o meno casualmente ma progettare la compresenza di questa stratificazione dei segni. A quella del manufatto recuperato si somma “compositivamente” con sapienza, una sapienza da educare  nelle scuole di progettazione  il recupero di altri componenti edilizi di altri contesti,portatori di diversi linguaggi. Questo testo figurativo ricco e ibrido  è la risposta più sapiente e morale alla cultura del nuovo per il nuovo,a quel bianco igienista e astratto di tanta architettura portoghese che ha paura della volgarità della vita a cui  cerca di anteporre  il candore della cultura, ma nello stesso tempo è un rifiuto della stupidità  autolesionista e distruttiva  del  privilegio dell’usa e getta, dello spreco,del considerare il già vissuto uno scarto. Impariamo a considerare il gia vissuto un valore, cominciarono nel 67 a Kings Road a Londra ,i giovani punk della periferia londinese a riinventare il loro vestiario svuotando i bauli delle nonne,di fronte alla crisi quella invenzione spontanea e ribelle contro il vestito griffato che i proletari della periferia londinese non potevano permettersi,oggi alla luce della crisi, ha il sapore di una geniale e colta anticipazione. Possiamo estendere al Design questa cultura del progetto del recupero e riuso ricontestualizzato con sapienza  il  gia vissuto. Possiamo pensare un Recession design che sa far stare insieme lo scarto vecchio  con il semilavorato nuovo,una raffinata modanatura intarsiata in legno con una lastra sottile di acciaio o una immagine pop, in fin dei conti che cosa è la poltrona di Proust di Mendini se non una poltrona comprata da qualche rigattiere,riverniciata d’oro nelle sue parti in legno massello finemente intarsiato,rivestita di un nuovo tessuto ma soprattutto ridecorata a pennello?

 DESIGN e ACQUA

La copertina di Domus n…… .del …… e´dominata dalla bottiglia in plastica  per l’acqua minerale di Roos Love Grove La forma di  questa bottiglia possiamo dire che è informe nel senso che non utilizza i soliti anelli di irrigidimento del cilindro di plastica che caratterizza  tutte le bottiglie in plastica dell’acqua minerale. Alla geometria tradizionale della bottiglia cilindrica con anelli di irrigidimento il designer sostituisce una superficie molto frastagliata casuale quasi fosse una carta che viene accartocciata e poi parzialmente ridistesa senza recuperare qualsiasi rigore geometrico e qualsiasi simmetria .Prendendo in mano questa bottiglia si ha quasi la sensazione di toccare l’acqua , e la bottiglia di Roos è certamente diversa da tutte le altre bottiglie d´acqua proposte .Da qualche hanno in Toscana si sta diffondendo il recupero da parte dell’amministrazione pubblica delle antiche sorgenti .L’amministrazione garantisce la potabilità  dell’ acqua .Dei piccoli distributori, accessibili con auto,a bici a piedi ,nei centri urbani ,con uno o piú rubinetti distribuiscono gratuitamente  o l’acqua di antiche sorgenti naturali  come a Capannori o l’acqua dell’acquedotto attentamente controllata  nelle sue qualitá organolettiche, come nel  piazzale  della stazione  ferroviaria di  Castagneto Carducci-Donoratico.La qualitá dell acqua è ottima ,i cittadini si portano bottiglioni in vetro o vecchie bottiglie di plastica trasportate sui porta pacchi  delle bici ,dello scooter, dell’auto,che riempiono per una autonomia domestica di quattro o cinque giorni. L’amministrazione riduce cosi sensibilmente la quantitá e il costo conseguente di bottiglie di plastica da smaltire nelle discariche,il cittadino non paga l’acqua da bere e tocca con mano la vittoria al referendum  nazionale sulla publicizzazione  dell’acqua,  tenutosi  in Italia  nel Giugno del 2011. Certamente nella misura che si diffonde questa distribuzione gratuita di acqua da bere di qualitá  si mette in crisi l’industria delle acque minerali,ma si risparmia in trasporto con camion  di acqua ,in bottiglie di plastica  e  relativo packaging  e si consolida  il concetto che l’acqua non è piú una merce ma un “bene comune” a cui tutti hanno il diritto di accedere,che non può essere piú occasione di profitto ma servizio gratuito garantito dall’ amministrazione pubblica. Il progetto si sposta dalla bottiglia ai contenitori di acqua da bere,leggeri, duraturi,non piú usa e getta,  ai cestelli  facili da trasportare a mano o su bici o scooter ,a distributori di acqua  cosi detta del sindaco da posizionare in contesti urbani capaci di valorizzare e dare qualitá estetica  a questa grande conquista popolare dell´acqua bene comune. Il distributore di Castagneto Carducci-Donoratico,qui fotografato inaugurato l’anno scorso ,è attrezzato con panchine circostanti e protetto dall’ombra di grandi pini marittimi ,é occasione di incontro tra pensionati ,bambini  incaricati di riempire i bottiglioni,turisti ,emigrati,extracomunitari,signore con voglia di chiacchiera .Ha piú senso ,ha piú utilitá sociale,é più entusiasmante e gratificante  progettare la bottiglia in plastica per l’industria delle acque minerali o dare  bellezza ad un bene comune e alla sua gestione?  .

L’ecologista Giorgio Nebbia autore di libri fondamentali per la diffusione di una cultura ecologista in Italia (Nota:Riportare  i titoli di alcuni suoi libri… ) in un articolo pubblicato martedì 30 Agosto  sul quotidiano “la gazzetta del mezzogiorno” parla di fiumi:”come abbiamo cura  di tenere pulite le vene e le arterie dei nostri corpi per evitare infarti ,così dovremmo  curare la pulizia dei fiumi per evitare che il loro corso sia intasato e che le acque fuoriescano ad invadere le città e le campagne  distruggendo vite umane e beni materiali…….La mia modesta proposta ,continua Giorgio Nebbia,sarebbe di riservare una parte dei soldi pubblici,che pure dovranno essere spesi,ad un piano decennale di rimboschimento,pulizia degli alvei…. L’impresa assorbirebbe  un milione di lavoratori per dieci anni ,farebbe diminuire i costi dell’acqua ,creerebbe fonti di energia idrica rinnovabile…” Se non disegniamo più bottiglie,e disegniamo semmai meravigliose Caraffe per portare in tavola l’acqua del rubinetto,contribuiamo alla riduzione dei costi della gestione dei rifiuti di plastica .Se promuoviamo  anche col nostro disegno,cestelli piazze e fontane,la diffusione dell’acqua bene comune, e inoltre sosteniamo con i nostri progetti edilizi ed urbanistici  un uso del territorio che valorizzi e non distrugga la risorsa acqua e contribuiamo a promuovere  conseguentemente quella riforestazione  che insieme alla bonifica dei fiumi è l’unica condizione per risparmiare i milioni di euri che ogni anno lo stato italiano al nord come al sud paga per indennizzare vittime e danni dei territori alluvionati ,possiamo permetterci  di non sentirci in colpa se mettiamo in crisi  l’industria delle acque minerali. Vantiamoci invece  di aver liberato l’umanità da una merce inutile,una delle tante merci inutili. Potremmo tranquillamente portare alla chiusura tutto l’imponente apparato produttivo delle acque minerali italiane,rinunciare alle royalties per le bottiglie vendute ben compensate dalla  progettazione  per  i Comuni di  fontane,e per una industria impegnata su una  nuova mobilità su bici bici attrezzate per il trasporto dell’acqua, contribuire a spostare quell’occupazione liberata dalla produzione delle acque minerali  nella cura dei fiumi e del territorio,dare cosi migliore lavoro ,migliore abitalibilità del territorio,una maggiore ricchezza costruita non sulla commercializzazione di una merce inutile ma sulla mutazione di questa merce in bene comune gratuito. Può il progetto contribuire ad arrestare questo processo di esasperata mercificazione di tutto e tutti e contribuire a mostrare la bellezza dei molti beni comuni che la sapienza popolare,apartitica ma intensamente vissuta,sta dispiegando in tutte le piazze e le strade per una rivalorizzazione di molte merci e diritti quale bene comune come è gia stato fatto per l’acqua? È compito del progetto promuovere  l’uso di bottiglie di plastica per di più ben disegnate che fortemente incidono sul costo dello smaltimento rifiuti delle diverse amministrazioni o collaborare  al progetto di tutte quelle situazioni,dalla fontana al cestello per la bici che valorizzino quella che è una grande conquista sociale:l’acqua è un bene comune ,il primo di molti altri futuri beni comuni ,che non comporta il privilegio di chi se la può permettere, è un bene gratuito per tutti , il primo forse di molti altri beni comuni riconosciuti che può radicalmente cambiare quel concetto di merce che continuano a chiederci di disegnare e per cui troviamo sempre meno motivazioni per  renderle delle belle forme.

 

LA PIATTAFORMA GALLEGGIANTE  DI  SCARTI DI PLASTICA NELL’OCEANO INDIANO

Tutti sappiamo  o dovremmo sapere che c’e una piattaforma compatta ,galleggiante sull’Oceano Indiano di plastica e altri scarti che contiene oltre 100 milioni  di tonnellate di plastica,occupando una superficie grande quanto due volte gli Stati Uniti.(Nota da “ Eventi Estremi”di Tonino Perna  pag.83 Altraeconomia Edizioni2011).L’Electrolux,anche con evidenti intenti promozionali ha lanciato il progetto”Vac from the sea” che consiste nel raccogliere la plastica galleggiante nei mari del pianeta e riciclarla per il carter dei suoi aspirapolvere. Il 70% della plastica usata nella costruzione di un preciso modello di aspirapolvere sarà ottenuta da riciclo.(Nota :Blog www.electrolux.com/vac from the sea) Non sono in grado di calcolare quanti aspirapolvere dovremo comprare per ripulire i mari del pianeta ma forse conviene non affidare alle correnti marine le nostre bottiglie e altri scarti di plastica e sperare di risolvere il problema di tutti i rifiuti col riciclo. Impariamo a progettare merci e servizi che non producono rifiuti come i distributori dell’acqua gratuita Dedichiamo la nostra capacità di progetto a ridisegnare le fontane pubbliche di distribuzione dell’acqua gratuita. Sempre di più la nostra disciplina si trova di fronte a questa scelta. Promuoviamo  il consumo di qualsiasi merce perché questo ci chiede il mercato, o con la qualità del nostro disegno promuoviamo solo quelle merci o quei comportamenti che riducono: spreco di risorse,riduzione dei rifiuti,acquisizione dei limiti del pianeta, diritto di tutti e non privilegio del denaro  di accedere ai beni  fondamentali ,che sempre più  scarsi come l´acqua. Invece di ridurla a merce come cercano di fare le multinazionali della distribuzione dell’acqua, a merce per privilegiati,usando anche il design per aumentarne il prezzo e la sua qualità esclusiva collaboriamo a ridefinire   l ´acqua  e  molte  altre merci come bene comune  e quindi insegniamo nelle scuole a insegnare il disegno di beni comuni , beni  gratuiti invece di merci

 

QUALI COSE SIAMO

 Voglio ricordare che la disciplina del design segna il passaggio dal prodotto artigianale al prodotto industriale, dalla copia riprodotta  in numero limitato del prodotto artigianale alla serie teoricamente illimitata della Ford T sempre nera .Henry Ford che nel 1910 introdusse la prima catena di montaggio moderna accrescendo  a dismisura la produttivitá del lavoro attraverso la catena di montaggio aveva anche aumentato molto i salari dei suoi operai  e l’occupazione  realizzando quel `` circolo virtuoso `` che permetteva agli operai Ford di comprarsi quell’auto uguale per tutti e sempre nera  che producevano. Con la Ford T e non con le sedie Bauhaus,propongo di iniziare la nostra disciplina. Con la catena di   montaggio e  la grande serie,la società moderna intendeva offrire a tutti ,o per lo meno anche a tutta   quella classe operaia  e a quella società di produttori che quei prodotti costruiva  Il bene di consumo ben disegnato come la Ford T e come gli  altri prodotti industriali che il design,la pubblicità , i mas media  avevano  il compito di rendere i più belli  e desiderabili  possibile . Il movimento moderno come abbiamo già detto attraverso la merce ben disegnata  e alla sua massificazione resa possibile dalla grande industria e dalla grande produzione di serie  doveva usare la merce,ben disegnata dai designer   per massificare l’estetico,in modo che non fosse solo privilegio di quelli che potevano permettersi l’arte e l’alto artigianato,perché col movimento moderno una merce accessibile ai piú e ben disegnata , grazie al design poteva entrare nella vita delle masse,nella casa di tutti…….. La mostra  di Alessandro Mendini“Quali cose siamo” 3ª edizione annuale  del Museo del  design della Triennale di Milano   tra le molte cose che cerca di dire dice prima di tutto che il moderno e la grande industria  in questo obbiettivo o ha fallito o ha generato per reazione il recupero di una dimensione artigianale e il recupero  della piccola serie,del prototipo . del pezzo unico  e delle sue copie limitate, e soprattutto,auspicato e promosso anche da tutto il lavoro progettuale di Mendini, il ritorno all’arte quale condizione prioritaria e quale unico garante dell’estetico. E´ compito dei masmedia  piú che delle merci ,attraverso la divulgazione dell’immagine assumersi il compito di massificare l’estetico Inoltre questo ritorno all’arte con disinvoltura acquisisce che l’opera d’arte può avere come il prodotto industriale , realizzata in più copie per il piacere di molti liberarsi del limite dell’esclusiva e del privilegio .L’arte,con la perfezione che la tecnologia può oggi offrire alla copia, può non essere più un privilegio esclusivo ,che esclude le “masse”,o aggiornando il termine “le moltitudini”. I  nuovi templi della massificazione dell’estetico non sono più i musei chiusi  ma neanche i supermarket come voleva il moderno, ma i molti musei aperti, le nuove cattedrali urbane che ormai si costruiscono spettacolari in ogni grande città,che ormai mostrano opere d’arte e merci come si mostrarono le motociclette al Guggenheim ,ormai queste cattedrali parte di ogni itinerario turistico di massa o per sempre piu articolate e differenziate  moltitudini. Il  New York Times ha definito  questa mostra l’evento culturale più importante nel mondo del 2010. Diamo per scontato che il New York Times si ved tutte le mostre del mondo e ha  gli elementi  e la competenza  per un giudizio tanto presuntuoso,è vero comunque che questa mostra è un evento eccezionale sia per originalità della risposta al tema “Museo del design “che  per il contesto temporale  in cui è stata fatta. Forse un giorno verrà usata nella storia del design come la  chiusura della disciplina del design  moderno e  l’inizio di una nuova disciplina del “ progetto degli oggetti d’uso”. Spero di poter ritornare su questa rivista su questa mostra di Mendini, in maniera più articolata e documentata. Per ora mi limito ad alcune osservazioni perché mi sembra un segno sapiente di una faccia  di questa mutazione epocale. di cui parlano in molti e di cui parla la Saskia Sassen ,qui mi limito a  fare  alcune considerazioni che mi permettono di delineare alcune anticipazioni della fine della società industriale e di quella società del benessere che  la società industriale avrebbe dovuto garantire e che a me e a molti altri sembra finire con la crisi del2007- 2008,che si vuol far passare per crisi finanziaria ma che in realtà come dice giustamente il filosofo Alberto  Burgio”la cosi detta crisi non è che un dispositivo economico ,politico e mediatico funzionale allo spostamento di ricchezza (di titolo di proprietà) a vantaggio delle oligarchie possidenti” (Nota :Alberto Burgio “L’austerity necessaria, ma al contrario .Il manifesto 13 Agosto 2011),crisi  tuttora aperta e dalla conclusione assolutamente non chiara.

 La 3ª edizione annuale  del Museo del  design   della Triennale di Milano, anno 2010, non inizia con la Ford T  ne  con le  sedie Bauhaus,ne con i prodotti Braun disegnati da Diter Rams  degli anni 50-70  ma con la copia perfetta in scala 1:1,in marmo  bianco di Carrara, del David di Michelangiolo. Sembrava  di  marzapane dentro le stanze della Triennale ma era in realtá in brillante   marmo bianco di carrara è comunque copia perfetta , prodotto di serie per quanto limitata alla piccola serie .Riporto per intero la didascalia del catalogo della mostra edito da Electa 2010  (Nota  sul retro di  copertina del catalogo è riportata un descrizione sintetica molto efficace che ben riassume il senso della mostra che qui riporto” Oggetti di altissimo artigianato,oggetti di uso comune oggetti sul confine fra arte e design. Soprattutto oggetti usati. Trennale Design Museum  vuole suggerire  che è nell’uso che sta scritto il destino delle cose, e che solo usandole,le cose ,ci è possibile sperare di capire quali cose siamo”)”David Michelangiolo Buonarrotti (Caprese,Arezzo,1745-Roma 1564) Copia in gesso-plaster  copy Franco Cervietti &C-1995 courtesy Franco Cervietti,Pietrasanta (LU)(Nota la copia esposta  alla Triennale é in brillante marmo di Carrara)La fabbrica di statue in marmo dei Cervietti è attiva  a Pietrasanta  dal 1962. Ha un repertorio classico molto vasto,lavorando dal Vaticano a Versailles,a Taiwan,agli USA .Sviluppa in marmo anche opere molto complesse di vari artisti fra i quali Marc Quin ,Jeff Koons e Fernando Botero e possiede una gipsoteca  di oltre duemila pezzi. Questo David in gesso è stato realizzato al vero in base a tecniche di rilevamento esattissime ed è alto 4.10 m(5.17 con la base ). Da  esso  sono stati tratti  5 esemplari  in marmo stauario di Carrara (come quello originale, fabbricati su ordinazione. Un David in marmo costa crica 200.000 euro. (mia nota:costo equivalente al modello economico di una Ferrari)Michelangelo scolpì il David a Firenze all’età di 26 anni,impiegando circa tre  anni “Il David è certamente uno dei capolavori del genio umano che puó  garantire il piacere estetico acquisito,consolidato ,opera del designer  Michelangelo ora grazie a quel perverso di Mendini parte,naturalmente in copia,  della collezione  per il Museo del Design della Triennale.......Maestria artigianale e evoluzione della tecnica nella costruzione della forma ,non certo catena di montaggio, ci permettono oggi di poter avere in una piazza di Seul come in una  di Kuala Lumpur o di Luanda il David  di Michelangelo  in copia al vero senza dover  fare code di ore per vedere l’originale ,perfettamente uguale all’originale esposto  all’Accademia di Firenze,come del resto si vede copia del David  in piazza della Signoria a Firenze che immagino  realizzato dalla Franco Cervietti e&C. Di copie del David nelle diverse scale ,da piccolo soprammobile in plastica o marmo,  a scultura in scala ridotta  in marmo di Carrara, come delle gondole veneziane  c’è sempre stata grande disponibilità nei negozi della stazione dei treni di Firenze come nei negozi di copie di scultura nei lungarni fiorentini,ma  di una produzione di serie perfetta al vero  in marmo di Carrara ,5 copie fin ora realizzate, siamo costretti  a prendere atto  dopo la mostra di Mendini : il David può essere un prodotto di serie come le sedie di Jasper Morrison ,e’ diverso il prezzo, ma cosa impedisce pensare che le cinque copie arrivino  per lo meno allo stesso numero di serie del modello più diffuso della Ferrari?…….. ….. Mendini ci fa notare che tutte le opere d’arte con le tecniche di scansione bidimensionale e tridimensionale oggi possiamo produrle in serie  a prezzi ragionevoli , 200 mila euro occorrono per un David come   ripetiamo all’incirca per una Ferrari e per qualsiasi auto extra lusso, , qualsiasi opera d‘arte può oggi quindi essere prodotta in serie,riportata sul quadrante di un orologio Swach,sullo schienale di una sedia  sulle ante di un mobile,serigrafata  su qualsiasi laminato, ecc.ecc.….I prodotti di arredo disegnati dall’architetto scultore pittore  Le _Corbusier prodotti dalla Cassina    fanno ancora oggi la fortuna di quest’azienda,una poltrona di Corbu per esempio la chaise  lounge    prodotta da Cassina  costa…(Nota.Mettere prezzo portoghese) iniziata la produzione di serie nelle copie Alivar costava  ….  ,oggi si può comprare su internet  a www.Design Furniture.com  per € 649.00…. Deyan Sudjic ci racconta  nel suo libro “Il linguaggio delle cose “ che la “Lockheed Lounge” la Poltrona disegnata  da Mac Newson”è stata venduta all’asta  ad un prezzo dichiarato di  appena sotto il milione di dollari,”…. ne esistono solo dieci copie ,…cinque più del David sottolineo,..i designer aspirano ad essere artisti,come afferma Sudjic  o è proprio il progressivo spostamento della ricchezza verso una minoranza sempre più ricca ,tragica involuzione del tempo presente,cinico tradimento delle finalità del moderno di Henry Ford , la ragione prima che porta un certo design  a mimare comportamenti e logiche dell’opera d’arte? E’ l’arte e non il design quella merce che può essere prodotta in serie,per gratificare il bisogno estetico? Perché questo non avviene per il cinema ,sempre più eccezionale opera d’arte collettiva  per le diversificate moltitudini e sta avvenendo sempre più per la fotografia ,nata proprio come prodotto infinitamente riproducibile e ora riprodotto in serie numerata e venduto nelle gallerie?

la Poltrona di Proust disegnata da Mendini (1979) utilizzava una “passata”enfatica sontuosa  poltrona finemente intagliata in legno massello che lui colorava d’oro come le cornici in legno massello  dei quadri e degli specchi dell’epoca barocca. Una volta dipinta d’oro la struttura-cornice, l decorava  l ‘imbottitura con una pennellatura divisionista ingigantita e diventava cosi,uno degli oggetti  simbolo ,una delle opere  più emblematic he della post modernità. L’artista/designer ha  fatto diverse versioni cambiando la decorazione pittorica,ma “l’originale “  l’opera   immortalata in una miriade di immagini, sui mas media ,resta la versione con il divisionismo ingigantito. Non so quante ne ha vendute ,quante copie ha fatto o fatto fare e poi lui ha firmato,l’anno scorso la Magis azienda che vanta nel suo catalogo alcuni dei piú quotati designer  di prestigio internazionale,all’avanguardia nello stampaggio dei polimeri plastici, ha proposto la produzione di serie in plastica  della poltrona di Proust. Senza decorazione ,prodotta in plastica è un prodotto che non ha il fascino dell’originale  è solo una copia ,una brutta copia industriale una volgare riduzione del significato complessivo di quel prodotto. La cultura industriale ha cercato di appropriarsene .. e ha abortito,la copia può essere solo perfetta .

Mendini  con la sua mostra ci fa prendere atto che le grandi promesse  della modernità  di una nuova dimensione del consumo delle merci dotate di qualitá estetica grazie al design  ha retto per i gloriosi trenta anni (1951-1981)  che la modernitá aveva garantito ma oggi con la post modernitá,con la crescita vertiginosa e progressiva di una minoranza sempre più ricca e di una maggioranza sempre più incapace di comprarsi l’equivalente della Ford  T si è creata una situazione socio- economica che ripristina la superioritá del privilegio  del pezzo unico. Poi il pezzo unico ,il capolavoro dato in pasto ai masmedia ,può essere riprodotto copiato e l’arte può diventare prodotto di serie come il prodotto di design firmato come gli orologi swatch  o può essere venduto nelle gallerie e diventare opera d’arte in serie limitata e riconquista così  il prezzo dell’arte. Cosi  Mendini sembra volerci dire  che è la qualità dell’opera e non il suo processo produttivo o il suo essere un bene esclusivo o più o meno diffuso  che da significato  e fruizione della forma, che concede il piacere estetico. L’indifferenza  alle modalitá produttive porta  inoltre come conseguenza che Il prodotto artigianale tecnologicamente aggiornato ha la stessa dignità del prodotto industriale,il prototipo ,l’autoprodotto in piccole serie è l’equivalente del pezzo ben disegnato in grande serie e la massificazione dell’estetico ,possibile solo con la grande serie ,obbiettivo e legittimazione del design del moderno lo garantisce oggi  attraverso la brutta copia,l’IKEA  frutto sia della globalizzazione della produzione  che della riduzione dequalificazione,semplificazione produttiva dell’oggetto di  design ed è   la copia scadente  della modernitá,una copia tutta solo immagine,di basso costo,durata breve facile e continua obsolescenza del prodotto,assemblata dall’utente per ridurre i costi sia di spedizione che di produzione che il moderno ci lascia in ereditá e il prezzo ormai discrimina l’esclusività dell’opera e la sua dequalificazione a copia  accessibile a molti. La poltrona di L.C. ma molte copie dei capolavori del Moderno ,da Saarinen a Mies,  si può comprare ad un prezzo direi ridicolo per il prestigio che si portano  dietro. La mostra di Mendini ci mostra il fallimento del design moderno,il suo ulteriore fallimento nel rincorrere la  volgarita del lusso della su aspirazione all’esclusiva misurata sul prezzo,e rispetto al cinema ,la grande questione irrisolta del design  il suo non essere riuscito a diventare opera d’arte per tutti.

La Mostra  di Mendini  non solo ridà pari dignità al prodotto artigianale rispetto al prodotto industriale, non solo riconosce all’arte la dignità di essere copia ma afferma un altro principio fondamentale. “Quali  oggetti noi siamo  afferma “che il valore primo di ogni prodotto sta nelle ragioni per cui un prodotto è entrato nella nostra vita. “Quali cose siamo” da valore prioritario all’oggetto comunque sia stato prodotto, in quanto lo scegliamo, lo acquistiamo, lo riceviamo come regalo, in quanto entra a far parte della nostra storia, del nostro vissuto, per questo prima di tutto ha valore. Sia o non sia opera di design è questo fatto secondario. Questa nuova definizione del valore della merce, ….vale in quanto l’ho ritenuto degno di   portarlo  nella mia vita è un grande contributo alla cultura del progetto perché potrebbe essere così tradotto, penso oltre le intenzioni di Mendini,: la merce ha valore nella misura in cui migliora complessivamente e quindi anche esteticamente la qualità della mia vita, …….che poi significa che compito del progetto non è costruire e produrre o progettare per produrre, ma progettare solo merci che migliorano la qualità della vita delle moltitudini. Una merce che inquina, una merce che distrugge risorse che è prodotta pagando il lavoro con compensi di fame, e il lavoro è una risorsa che non può essere sprecata e avvilita,  che degrada l’ambiente in cui viviamo, la nostra piccola unica terra, che distrugge le possibilità di sopravvivenza e di qualità della vita d’interi territori, che costringe all’emigrazione alla ricerca della sopravvivenza intere popolazioni, che produce un miliardo di affamati e un miliardo di obesi, ubriachi di abbondanza ,…….quella merce non deve essere ne progettata ne prodotta ne abbellita né  dal nostro design ,né dall’arte.

DESIGNED  By Apple IN  CALIFORNIA   ASSEMBLED   IN CHINA

Dice l’amministratore delegato  e fondatore della Apple  Steve Jobs: “ ma sono sicuro che i giorni più brillanti e innovativi della Apple siano ancora  davanti a noi”. Con queste parole pubblicate in una miriade di giornali, Steve Jobs   creatore dal nulla,manager, e inventore  ,in un garage,di un’azienda che ha contribuito “ a cambiare la storia dell’umanità” annunciava al suo vice il passaggio di consegne. Non esagererei,  ci vuol ben altro per cambiare la storia dell’umano ma questa è l’enfasi,la retorica  che accompagna il consenso sulla merce. In Italia “ Steve Jobs l’uomo che ha inventato il futuro”  edito da Hoepli  nel maggio 2011 ha già venduto 60000 copie. Ma siamo proprio sicuri che è un gran bel futuro……..?.A chi gli chiedeva quale fosse stata  la ricerca di marketing preliminare al lancio dell’iPad Jobs rispose “Nessuna,non è il lavoro dei consumatori sapere quello di cui hanno bisogno” Questa affermazione equivale a dire che  il consumatore non deve saper desiderare , e che siamo noi inventori di merci che sappiamo anticipare  e  promuovere il nascere dei suoi desideri ed è  con  le nostre invenzioni che dobbiamo  saperli conquistare ed indurre al consumo  fino a farli “godere” all’acquisto delle nostre merci siamo noi progettisti che dobbiamo riuscire a progettare e a costruire e ben rappresentare il suo desiderio. Potrebbe averla detta Henry Ford nel 1910 presentando la sua Ford T,questa frase o analogamente:ho aumentato talmente la produttività del lavoro da permettermi di produrre un auto seppur sempre nera ,la più uguale per tutti,che neanche i miei operai sapevano che di questo avevano bisogno e  ora lavorano,con i ritmi sempre più forsennati della catena ,come cinesi, pur di comprarsela Steve Jobs  l’inventore di merci di grandissimo successo di mercato e di critica, osannato dall’umanità intera,considerato quel genio che con una piccola azienda  che produce meno di dieci  prodotti seppur con molte varianti e continui assillanti aggiornamenti e innovazioni, mantiene il primato della società con più capitalizzazione di Borsa,361,5 miliardi di dollari contro i 360 della petrolifera Exxon Mobil forse,comunque , si è montato la sa   ha fatto montare la testa alla sua tribù  di consumatori ed estimatori.

.Ma cos’è questo futuro che l’Apple ci sta vendendo.????Steve Jobs deve riconoscere  che  ha usato un designer per contribuire al consenso delle sue merci: Jonathan Ive,designer inglese  diplomato al Royal college of Art che iniziò la collaborazione con Apple nel 1992 a 25 anni, disegnando i computer che per primo  portavano il colore dentro e per  trasparenza sulla carrozzeria dell’iMac. L’inventore di merci elettroniche Jobs col designer Ive hanno costruito attraverso le loro merci quello che si potrebbe definire nell’accezione classica del termine uno Stile,ed è interessante notare che questo stile progettato sulla merce si è poi applicato sui punti vendita ,gli Appstore sono la traduzione spaziale ed ambientale della merce Apple come del resto è già avvenuto per i punti vendita Swatch. L’iMac,l’iPhone,l’iPod e l’iPad sono oggetti costosi prodotti in Cina dalla Foxconn,una immensa impresa di 300.000 dipendenti(con una media di dieci suicidi all’anno) con una paga media di 130 dollari al mese,riescono a comprarselo un iPhone ? forse si,magari con un po’ di staordinari…..sono merci  che hanno garantito utili altissimi, le sue azioni dieci anni fa valevano 9 dollari oggi ne valgono 370. Le merci Apple  utilizzano la logica della massima innovazione tecnologica e una continua progettata obsolescenza rapida,il desiderio del nuovo prodotto viene sapientemente progettato ma non col marketing ma bensì con la forza dell’invenzione su cui poi e non prima si accoda il marketing. E´   una invenzione che costruisce  il desiderio  e che eccita la bramosia del possesso dell’ultima novità si formano le code ad ogni novità Apple che per prima abolì il floppy disk ,poi il lettore cd, ma soprattutto  la tastiera riducendo l’interfaccia a pura immagine da sfiorare con un tocco,la Aplle è un esempio un capolavoro dell’obsolescenza rapida, della montagna di scarti che tutta la merce ad obsolescenza rapida  genera, dello spreco di risorse che comporta. Non ha mai inventato  nuove tecnologie ma ha saputo sempre usare l’innovazione ancora poco diffusa per inventare la merce attraverso la tecnologia,ma questo l’hanno fatto in molti,HP e Samsung  hanno fatto lo stesso ma Apple ha usato in più il design,la grafica delle sue icone,la naturalità delle operazioni ma soprattutto il design  . Il touchsreen esiste dagli anni sessanta ma l’iPhone utilizzando il touchscreen sul cellulare ha rivoluzionato la merce cellulare Ha saputo  sfruttare  nel migliore dei modi le potenzialità che la smaterializzazione della merce della tecnologia elettronica poteva offrire. Ha massificato una tecnologia  ma dandogli un prezzo mediamente doppio di quello della concorrenza e qui grafica e design hanno svolto un ruolo fondamentale  e costruito l’immagine esclusiva Apple, lo Stile Apple, l’opera d’arte Apple????  Il passo successivo di questa corsa alla continua obsolescenza del già  prodotto  non sará più sfiorare per comandare ,usare la merce ma il parlare alla merce comandare alla merce il suo fare. . Se il disegno di una merce da sfiorare è una superficie di vetro fumè che si illumina di icone,  ripeto sapientemente disegnate , rifinita nel suo spessore sottilissimo da una cornice di lucido acciaio  incassata tra i due vetri con poche minime sottili protuberanze quasi  impercettibili alla vista,necessarie all’accensione  e poco altro non esiste più il pulsante in Apple , se la sua forma è ormai data da un astrazione dimensionale totale e assoluta,una superficie che si illumina  in base all’operatività dell’utente si può dire che è il soggetto  con il suo uso che fa la immagine del prodotto di volta in volta diverso ma è quella forma geometrica elementare astratta assoluta senza segni la superiorità di Apple. In questo il design di Apple è ancora un design rigorosamente moderno,pensate alle geometri elementari dello spremi agrumi Braun di Diter Rams, bianco di plastica geometrico con solo una piccolissima scritta Braun,elettrico ma senza tasti è l’uso che lo mette in movimento,  il design attraverso l’astrazione geometrica l’eliminazione delle ridondanze  ha il compito  di rappresentare  l’innovazione tecnologica,il frullatore gira e fa la spremuta, ,e  trasmettere ieri come oggi  il senso del miracolo della tecnologia,uguale per il mondo intero,bianco o argenteo o nero, ma sempre più non a caso argenteo,  cambia solo nei pochi casi in cui è necessario la lingua ma sempre di più la lingua è l’americano,costa poco, è quasi per tutti, comunque  sempre il doppio della concorrenza perché la globalizzazione che Enry Ford non conosceva li da il lavoro di operai cinesi  a 130 dollari al mese Quel design che nasceva  con Henry Ford nel 1910 e ha fatto scuola con Diter Rams è sostanzialmente  anche il design dell’Apple,la  sola grande differenza è che l’operaio Foxconn  fa sempre più fatica ,a comprare la sua opera  e ogni tanto, piaccia o no, si suicida. La scritta Braun è stata sostituita da DESIGNED in California  ,ASSEMBLED  in China ,i prodotti Apple  come i capolavori del design  sono sempre di più prodotti esclusivi , comunque oggetti di affezione come chiede Mendini con cui l’utente Apple fortemente si identifica come si identificava con la Ford T nera   o con il prodotto Braun , ma che non cercano l’alibi dell’arte,ne intraprendono la strada difficile dell’autocostruzione,anzi la escludono a priori, sono prodotti “perfetti” con un alto  valore d’uso che si traduce in valore di scambio è ancora la macchina come voleva il movimento moderno, seppur una macchina elettronica e digitale  ma comunque una  “macchina” il capolavoro che il designer deve disegnare. Obsolescenza rapida,quante risorse si sprechino,quanti rifiuti si producano,suicidi di chi lo produce , non importa,desiderio oltre il bisogno,forte identificazione col marchio,io sono uno che usa Apple,fino a generare il collezionismo (come per gli orologi Swatch),un unico prodotto per l’umanità intera ,deterritorializzazione della produzione ai solo fini di un più basso costo del lavoro e una maggiore libertà da vincoli contrattuali e sindacali ,libertà di inquinare,deterritorializzazione della produzione con mobilità a basso costo delle merci ,quanto CO2 questo comporta non è questione del progetto,uso del design quale legittimazione estetica della merce, senza l’ausilio dell’arte , la serialità del cinema contro l’artigianalità del teatro ,la serialità della merce contro il prodotto artigianale, questo è quanto dal 1910 la società industriale  nella sua progressiva evoluzione ci propone in termini sempre più trionfali,peccato che questo pianeta non c’è la faccia più a reggere questa merce,peccato che forse anche questa umanità che vive sul pianeta non c’è la faccia più a reggere questa vita,quel futuro  che questa merce comporta ,e nella crisi pur con mille contraddizioni , e voglia di non vedere,  sempre di più  ci si domanda :ma che senso ha continuare a desiderare il possesso e il consumo di queste merci se distruggono il pianeta su cui abitiamo? L’artista Pistoletto ha disegnato un pianeta  a forma di mela con una toppa al posto del morso della mela di Apple, proviamo a guardare insieme queste due immagini. L’arte non è sempre solo legittimazione estetica  alle volte è drammatica domanda e denuncia e così sa far vedere,il design può essere prefigurazione rappresentazione del desiderio di un'altra merce?

 

I LIMITI DELLA CRESCITA 

“Nessuna persona sensata puó oggi dubitare del fatto che i modelli di sviluppo socioeconomici dominanti  siano insostenibili rispetto alle capacitá del pianeta di supportarci e sopportarci nel 1972,ripeto nel 1972 , il primo rapporto al Club di Roma realizzato dal System  Dynamics Group del prestigioso Massachusetts  Istitute of Technology  (Mit) aveva chiaramente indicato l’insostenibilità del nostro modello di crescita economica..…..nell’ultimo  rapporto del Club di Roma  apparso sui limiti della crescita  aggiornato  al 2004 si legge :E` amaro osservare  che l’umanità ha sperperato questi ultimi trent`anni  in futili dibattiti e risposte volonterose ma fiacche alla sfida ecologica globale. Non possiamo bloccarci per altri trent´anni. Dobbiamo cambiare  molte cose se non vogliamo che nel 21º secolo il superamento dei limiti  oggi in atto sfoci nel collasso”. Sempre dimenticando il rischio del collasso nessun politico al potere,nessun uomo di governo,nessun sindacato di fronte alla crisi rinuncia a promettere la crescita.” Da tre decenni i politici cercano inutilmente la disoccupazione  attraverso una crescita economica forzata, ma se la produttività del lavoro aumenterà ,come ha fatto fin’ora ,dell’1,5-2% all’anno  il Pil  dovrebbe aumentare  del 3 o 4% all’anno o anche di più nel lungo periodo per eliminare davvero la disoccupazione. Puntare a tassi di crescita  del genere è vano”(nota:Wuppertal institute “Futuro sostenibile. Le risposte eco-sociali alle crisi in E uropa” a cura di Wolfang Sachs e Marco Morosini,ed. Ambiente,2011).”La Germania non tira più annunciavano tutti i giornali di Europa il 17 agosto 2011. la crescita della locomotiva tedesca  nel secondo trimestre 2011 è ad un misero +0,1 ,Dal 1970 al 2005  la produttività del lavoro è aumentata ,ma le ore  lavorative sono diminuite  dell’86% ,si continua a ridurre il costo del lavoro, è inevitabile che alla continua crescita della capacità produttiva  corrisponda oggi, con la riduzione dell’occupazione,con l’incremento delle casse integrazione e del precariato , una scarsa capacità di consumo. Quanti computer auto ,jeans ,pomodori dobbiamo consumare per tenere testa a questa continua crescita della produttività e a questo continuo spostamento della ricchezza nella mano di pochi? Ma quanto devono consumare questi pochi  per compensare la perdita dei consumi dei molti che si arricchiscono non solo sulle speculazioni finanziarie ma su un costo del lavoro in continua riduzione? La Co2,una delle  sostanze che più misura il degrado ambientale in corso,  dal 1972 al 2009  è passata da 320  a quasi 390 parti per milione con un incremento  del 22% ,nel 2009  con la caduta  del Pil  mondiale  intorno  al -2,5% si è avuto nel mondo una riduzione di CO2. del 2%( Nota dati riportati in Tonino Perna “Eventi estremi”Ed. Altraeconomia 2011 pag.84 e 102) Ci salverà la crisi ,con tutte le sofferenze che comporta e la concentrazione dei consumi,lo straconsumo  da parte di una minoranza ricchissima. Negli anno 80 in Italia si gridava uno slogan”Lavoriamo poco lavoriamo tutti” oggi in Germania c’è chi propone  “il tempo pieno per tutti” , o”società a mezza giornata” e l’introduzione di  nuovi modelli  di reddito (reddito di base garantito con valorizzazione del lavoro non retribuito,per attività di cura  per la famiglia,la natura ,la società,un Welfare in parte autogestito collettivamente  con una significativa riduzione dei costi e un forte incremento di solidarietà e socializzazione) In  questa società a mezza giornata quell’uomo artigiano di cui parla Richard Sennet   potrebbe finalmente trovare il suo favorevole contesto operativo. Mezza giornata di lavoro garantito e mezza giornata per il “recession design” per la costruzione di quelli oggetti che accompagnano la nostra quotidianità e la nostra vita, duraturi, ben mantenuti e continuamente aggiornati ,autocostruiti a nostra immagine e somiglianza..non necessariamente in stile Apple. Mezza giornata e nuova fiscalità, naturalmente che inverta la inumana concentrazione di ricchezza di cui parla Saskia Sassen e Alberto Burgio , carbon tax  e più in generale tasse ecologiche, economia solare,nuova cultura del consumo ,non più ritmata dal continuo incremento della produttività ma dal nostro progetto di vita,da una progressiva autonomia  dal vincolo economico, “Blue economy” (Nota da “ Recedere dal mercato per uscire dalla crisi Paolo Cacciari,quotidiano “ il manifesto” 7Agosto 2011 pag.15) beni comuni,l’acqua ,la foresta ,il territorio,la terra, l’aria ,un'altra mobilità, possono diventare le nostre merci da disegnare. Ma chi disegnerà  per il lusso? Chi disegnerà le Ferrari?, non sarà difficile trovarli i nuovi Jonhatan Ive una piccola minoranza di designer  capaci di identificarsi totalmente con la strategia dell’azienda  e insieme alleati  ai nuovi artisti del design, i designer  di pezzi da collezionista ,dove come con la poltrona di Proust si cerca di ripensare  il prototipo ,il modello estetico da dare all’IKEA per la sua massificazione e dequalificazione a prodotto popolare di breve durata.  Quello che in questo lungo percorso cerco di proporre ai giovani è prima di tutto di cercare di capire quali merci e per chi ci chiedono di disegnarle  e soprattutto cercare di capire come cambia la merce in  tempi di grandi cambiamenti epocali. Poi  di intravedere un nuovo ambito di progetto  che non è ne IKEA ne il Lusso ,ne il prodotto sofisticato non ancora di massa e capace di gratificare il bisogno di marcare una differenza,una tribù,  come è lo stile Apple,quello che recession design , il design che parte dai rifiuti,il progetto con gli scarti  , l’economia solare ,la Blue economy ,la mezza giornata di lavoro garantito,i G.A.S (Nota mettere la equivalente sigla portoghese) e Richard Sennet  stanno con  fatica ma con grande determinazione  cercando di definire e mettere insieme. Mi sembra questo un progetto entusiasmante,molto più entusiasmante e socialmente gratificante  del comunque danaroso lusso occasione di lavoro per pochi,  tutto da rischiare, tutto da  inventare ma gia molto ricco di molte invenzioni,capace di produrre una nuova cultura tecnologica che ha nell’economia solare , nel rifiuto dell’obsolescenza rapida a favore di merci durature e beni comuni ,nel rifiuto dell’innovazione che nasce dalle esigenze di mercato in nome di una vita,un bisogno di abitare , che sempre più si autocostruisce i suoi strumenti per abitare,continua a perseguire la speranza progettuale di una bellezza sempre più accessibile e partecipata dai più.Può diventare questo un progetto per una nuova generazione di designer ,i figli della crisi ,e per un’altra  scuola?

Paolo Deganello Milano 12 Settembre ’11.

 

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